TERRA DI NESSUNO… Autunno 1917 alture dei sette comuni.
Dopo l'offensiva dell'autunno del 1917, l'avanzata delle truppe austroungariche si era arrestata. Ora anche la zona di Belluno era occupata dall'imperial-regio esercito della monarchia danubiana. Sulle alture dei Sette Comuni infuriavano ormai le intemperie; lunghe nevicate e piogge torrenziali sferzavano a ritmo alterno le varie postazioni militari. Gli avvallamenti si andavano sempre più riempiendo di neve e il sole non era più in grado di far fronte ai primi rigori dell'inverno imminente.
Nelle trincee della prima linea si trovava una compagnia alpina di Kaiserschützen. Il monotono servizio quotidiano l'aveva ormai costretta a subire apatica l'irrigidimento d'una estenuante guerra di posizione. Alle poche ore di riposo nell'umidità delle caverne, seguiva un turno di guardia in trincea. Fra i sacchi di sabbia, a distanza irregolare erano collocati gli scudi di protezione con feritoie strette che permettevano ai tiratori scelti di spiare il nemico e di puntare con massima precisione i loro fucili dotati di dispositivi di mira a cannocchiale.
Il comandante di compagnia e i comandanti di plotone stabilivano il tracciato della linea, le opere di fiancheggiamento e gli ostacoli, il profilo dei ripari, la distanza e il numero delle traverse e altre opere complementari; infine indicavano l’andamento dei camminamenti.
La trincea doveva adattarsi al terreno, seguendo un andamento irregolare, in linea retta per ottenere il fiancheggiamento, cioè poter colpire la posizione nemica di fianco, nel senso della sua maggior lunghezza.
Il percorso non doveva, quindi, avere punti con angoli troppo acuti. Le sporgenze lungo il percorso della trincea erano postazioni per le mitragliatrici o piccoli mortai per un tiro di “fiancheggiamento assoluto”.
Su molte trincee si può ancora scorgere la traccia dello scalino che serviva ai soldati per appoggiarsi per il tiro radente. Talvolta sul gradino si teneva pronto uno scudo d’acciaio da mettere a posto sul parapetto per riparare il tiratore. La larghezza della trincea doveva essere non più larga di quanto occorreva al soldato in completo assetto a passare senza difficoltà. Ogni 20-30 metri veniva scavata nella parete una nicchia ove i soldati potevano scansarsi per non intralciare il trasporto dei feriti. Per ripararsi dalla pioggia, dal vento e dalla neve, si adoperavano tavole rivestite di carta catramata, poi ricoperte di terra e sistemate in modo da poterle togliere con rapidità.
A ogni tratto di 10 metri coperto, doveva seguirne uno di 20 metri scoperto. Per tenere asciutta la trincea, si provvedeva allo sfogo dell’acqua con piccoli canali in lieve ma continua pendenza. Le norme del comando della Quarta Armata indicavano che i ricoveri fossero scavati nelle scarpate di trincea con l’entrata mai rivolta al nemico e a una certa profondità sotto il parapetto. La scarpata interna della trincea, che doveva essere molto ripida, era rivestita con tavole, graticci, reti metalliche e pali.
A 30 metri dalla trincea venivano infine posti degli ostacoli: i reticolati erano i più efficaci. Per non danneggiare o impedire il tiro, i reticolati erano disposti all’altezza di circa un metro, fissati su paletti con filo di ferro poco teso e non troppo intrecciato.